E’ un caso eclatante di femminicidio.
Reese può contare su prove inconfutabili: un cadavere occultato in un freezer ed una testimone oculare che di lì a poco farà deporre per una dichiarazione.
Sono sufficienti a chiudere il caso in una manciata di minuti.
Me è fondamentale avere una descrizione minuziosa dell’accaduto.
Per non destare alcun sospetto.
Perchè Reese, in realtà, ha atteso il tuo rientro in seguito alla chiamata ricevuta in ufficio nel primo pomeriggio. Ma nessuno dovrà mai saperlo.
Al limite del suo campo visivo l’agente scorge un’ombra che si muove incerta nella sua direzione.
“Si fermi dov’è. Ci sono già io sufficientemente nei guai”.
E’ Martha dell’interno 3.
Che non risponde a Reese. Ma fa un passo indietro.
Osserva la scena senza battere ciglio.
Cerca di elaborare. In bilico. Tra l’ansia, la rabbia e lo sgomento.
E’ stata lei a chiamare la polizia.
A raccontare molte cose a quell’agente calmo e determinato ad aiutarla.
Reese aveva compilato una lunga scheda di profilazione di questo caso di percosse.
“Se lei mi aggiorna costantemente studierò per bene le mosse di Tom. Prima o poi finirà per commettere un errore. Ed io sarò lì per strappare dall’inferno quella povera ragazza.”
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