Bagno. Ah no, non c’è acqua per lavarsi i denti. Torni in cucina.
L’odioso crepitio della bottiglia di plastica che si accartoccia sotto le tue dita troppo forti.
Fai due passi e torni indietro: ti serve anche un bicchiere.
Bagno.
“E dove c… lo appoggio il bicchiere? Lavandini moderni, minimali, un ripiano più grande di un centimetro non c’era? “
Il tuo è tutto un caustico blaterare. Dentro e fuori. Nei tuoi sguardi. Nei tuoi gesti. Nelle vene che da sotto la pelle si allungano come mani pronte a sferrare graffi.
Ti seguo ancora. Non ti lascio un istante.
Mi avvicino e mi pare quasi di sentire il tuo odore di dopobarba scadente.
Puzza di alcool e nevrosi.
“Va beh, tanto è una questione di due, massimo tre ore, in cui nemmeno ci sarò.”
Ne sei davvero convinto.
L’ufficio dove lavori si trova dall’altra parte della città.
Nel quartiere finanziario dove non hanno interrotto la fornitura elettrica,
e da quanto ne sai, non può nemmeno succedere.
Visti i soldi che girano.
zh-zh, zh-zh. Spazzolino su, spazzolino giù.
Attenzione ai polsini della camicia perfettamente stirata. Zh – zh ! Zh- zh !
“E dovrei contare i secondi in cui mi spazzolo i denti?”
Fai per guardare l’orologio. Fa a malapena capolino dal polsino quando hai già cambiato idea.
“Dovrebbero essere due minuti, mi pare.
Uno, due, tre , quattro, cinque… quante c*** o o di ore ci vogliono per fare due minuti?
Basta così!”
Non so se ci stai provando, ma non riesci proprio a farmi ridere.
Sciacqui. Sputi. La tua faccia dice:” Che orrore questo cocktail di dentrificio, caffè e saliva !” Ma io sento anche il resto. Tutto ciò che non dici.
Non come prima. Quando trascinavo e tracimavo il peso della tua insofferenza.
Mi ricordo quando le mie gambe esili sbucavano dalla tua t-shirt bianca.
La indossavo quando credevo per davvero che con me saresti stato diverso.
Volevo sentirmi piccola. Per sentirti più grande ancora.
Per sentirmi protetta.
E invece non c’è stato appello.
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Anna_X
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