Era il 16 marzo del 2005. Avrei compiuto 30 anni il successivo ottobre.
Sposata da tre, amavo l’amore e sentivo di averne tantissimo.
Avevo desiderato un figlio fin dalla giovanissima età. E ora dopo una gravidanza liscia come l’olio, un mercoledì di splendido sole, un breve ed intenso travaglio mi regalava la cosa più preziosa che io abbia mai ricevuto.
Meraviglioso e profumato come un frutto raro, stringevo tra le braccia il miracolo della mia vita.
Che ho chiamato Giovanni. Toccarlo la prima volta è stato come essere sorpresa da una magia.
E pensare che credevo già di sapere cosa fosse la felicità .
Era sano, forte e bellissimo.
Ed io ero mamma.
Ora una porta si chiudeva e se ne apriva un’altra da cui entrava una nuova, sconosciuta me.
Che aspettavo da tanto.
Da sempre avevo nutrito il desiderio di esprimere l’amore che sentivo dentro, attraverso un figlio.
Ero talmente legata a questa volontà da chiedere di nascosto a Dio di mandare a me una creatura che avesse avuto difficoltà, preoccupata che capitasse ad altri che non l’avrebbero voluta amare.
Desideravo accudire il mio bambino ed insegnargli a sorridere nel lungo viaggio che è l’esistenza.
Ora era vero.
Ora tutto ciò che mi sembrava di aver fatto di imperfetto prima, l’avrei colmato di un’energia nuova,
grazie al sentimento di gioia e gratitudine che provavo.
….
Oggi.
Dopo quelli che sembrano mille giorni passati in questa emergenza sconvolgente.
Dopo quattro giorni di ritardo nella pubblicazione, passati in una preoccupazione crescente, spesso con le lacrime agli occhi, sveglia fino a notte fonda, mi ricordo che devo farlo e ricopio il post per pubblicare.
E mi rendo conto, rileggendo, che è proprio, esattamente il 16 marzo.
È il segno che questo bambino (ormai ragazzo) è il mio lato positivo di sempre. E per sempre.
Anna_X
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