Capitolo 22

Mi risvegliava la forza dirompente delle infermiere che mi spronavano. Cadevo svenuta all’improvviso e non sentivo più niente intorno a me. Ad ogni ripresa di conoscenza venivo catapultata in un mondo quasi sconosciuto. Non ricordavo dove mi trovassi e cosa stesse succedendo. Solo dopo alcuni istanti tutto tornava chiaro. Giovanni.
E il dolore. Che invece di svanire era ancora presente e anzi diventava più forte. Ho ricevuto l’ordine di non lasciare il letto. Ma non avevo davvero alternative.
Poi la notte. Le braccia, la schiena ed il ventre erano percorse da fitte lancinanti. Mi era impossibile muovermi nel letto. Accovacciata su un fianco il dolore mi toglieva il fiato ad ogni respiro. La mente intorpidita. Ma nessuno era più venuto a verificare come mi sentissi. Pertanto ho creduto che fosse cosa normale, che non ci fosse niente di cui preoccuparsi. Che partorire significasse questo. Senza lamentarmi, cercavo di pensare solo al mio bambino. Sostenendo un braccio con l’altro, come una gru, ho ripiegato gli angoli del lenzuolino che avvolgeva Giovanni nella culla accanto al letto. L’ho sollevato con cautela e l’ho tuffato tra le mie braccia.
Volevo perdermi nel mio odore mescolato al suo.
Era come scoprire per primi un grande tesoro. Come doversi riprendere dall’emozione di averlo trovato e sentirsi intimoriti dal suo inestimabile valore. Tenere a freno la fantasia che pensava a cosa fare di tanta ricchezza. Ammirandolo mentre ricambiava il mio sguardo trovavo la forza di non lamentarmi e il senso di quel dolore che aveva immerso ogni centimetro del mio corpo.
Il mattino dopo la mia condizione era invariata. Avevo perso ancora molto sangue e non riuscivo nemmeno a mettermi seduta. Ho rimesso i piedi a terra dopo quattro giorni. Dopo svariate terapie endovenose.

Ho mosso alcuni passi. E aggrappandomi a qualsiasi cosa trovassi ho raggiunto uno specchio. L’ incontro con la mia immagine riflessa mi ha lasciata senza parole. Ero smunta. Gli occhi infossati, cerchiati da un alone scuro. La pelle ingiallita. Un viso ed un corpo quasi irriconoscibili sotto lo sguardo provato. Che esprimeva profondo sconforto.
Ho visto fuori tutta l’incertezza che sentivo dentro.

Share :

Twitter
Facebook

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Il dono di Verdacqua

Ho un sogno: parlare di felicità ai bambini e sono a un passo dal realizzarlo. Ti ho scelto per sostenermi: con il tuo aiuto pubblicheremo la mia fiaba e costruirò un progetto di volontariato dedicato ai più piccoli.