Capitolo 29

Per costringermi a stare sveglia e non lamentarmi cercavo di tenermi occupata.
Mi sentivo sola perchè era come se quel che mi succedeva potessi vederlo solo io.
Come un incantesimo. Una maledizione.
Se prima supplicavo a turno qualcuno della mia famiglia, ora non chiedevo più a nessuno di venirmi a trovare.
Ero cambiata. Cominciavo a capire che ero finita in una situazione difficile.
Mi avrebbe portato ad un esaurimento?
Non vedendo reazioni da parte di chi viveva con me, mi sono convinta che non fosse così.
Tenevo duro, augurandomi che tutto sarebbe presto passato.
Che se nessuno reagiva, ero io quella sbagliata. Una persona debole.
Incapace di sopportare un sacrificio che avevano fatto tutti. Cioè tutte le mamme.
Io non dovevo nemmeno andare al lavoro. Mi sentivo anche un’ingrata.

Giovanni. Giovanni rimaneva la mia certezza. Attivo. Fantasioso.
Voleva giocare ed io volevo impegnarmi al massimo per lui.
Disegnare, ridere, passeggiare e trascorrere momenti felici insieme. Se lo meritava.
Lui era davvero quella cosa meravigliosa che avevo sempre sognato.
E anzi molto di più. Lo portavo a vedere animali, a giocare con le nuvole nelle pozzanghere.
Cantavo per lui e non mi stancavo mai di esserci.
Durante i suoi primi quattro anni di vita ho vissuto più sul pavimento che in piedi.
E abbiamo vissuto un mondo magico.
Non aveva colpa e non doveva risentire del mio stato d’animo.
Al mattino presto, una luce fioce preannunciava l’alba.
Pensando alla nuova giornata che avrei dovuto affrontare, piangevo.
Ma davanti a Giovanni ritrovavo una forza smisurata.

Pensavo alle altre mamme.
Quante di loro erano chiuse in casa come me ed avevano bisogno di aiuto?
A me sarebbe bastato parlare, sentirmi capita. Forse anche a loro ?

Volevo fare qualcosa.
Mi sono rivolta al consultorio famigliare. “Mi sento terribilmente triste”.
Pensavo sempre: se solo ci fosse qualcuno che potesse venirmi a trovare.
Ho proposto un’idea: c’erano delle persone sole, volontari o anziani che potessero passare da me?
Almeno un paio di volte a settimana?
In cambio avrei offerto il pranzo o un passaggio in auto in caso di bisogno.
“Ti so dire” mi hanno detto. Aspettavo. E speravo.

Anna_X

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