Capitolo 31

Per migliorare la gestione dello spazio mamme, studiavo, frequentavo corsi,
preparavo materiale divulgativo, mi confrontavo con esperti.
In questo progetto non sono presenti operatori sanitari, pertanto noi volontarie ci siamo formate volentieri per essere preparate ad accogliere eventuali segnali di difficoltà fino a vere e proprie richieste di aiuto.
Il nostro compito era rivolgere le parole giuste per far sentire ogni persona
al sicuro e in diritto di essere accolta in ogni caso.
Molte madri all’apparenza stavano benissimo, ma ci riportavano situazioni di grande difficoltà, solitudine, ansia, depressione profonda.

Io continuavo ad essere stanchissima, accusavo forti dolori in varie parti del corpo. Probabilmente era dovuto all’insonnia e all’allattamento.
Anche la tristezza che provavo si faceva più grande. Piangevo ogni giorno.
Ma lo Spazio funzionava. Era un’esperienza arricchente, di grande valore sociale.
E volveva. Essere lì per loro mi dava una grande forza.
Ed io in questo sentivo di fare qualcosa di importante anche per il mio bambino e per me. Per il nostro futuro. Forse un giorno sarei stata anche orgogliosa di me.
Lo speravo tanto. Un domani, perchè in quel momento mi sentivo solo un fallimento totale.

Sostenere gli altri mi aiutava a sentire meno lo sconforto che provavo nel trovarmi in uno stato che mi impediva di godermi quei momenti magici con mio figlio che non sarebbero mai più tornati.
Studiare mi aiutava a comprendere che ciò che mi succedeva era complicato ma che non ero l’unica.
Apprendere come porre domande nel pieno rispetto della persona che mi stava davanti mi aiutava a rivolgerle anche a me stessa. E tenermi lontana dalla finestra che a volte guardavo da lontano con occhi pieni di terrore.
Un corso ed un libro dopo l’altro imparavo a navigare nel mare di questa nuova esperienza.
Avevo avuto solo la sfortuna di doverlo fare durante una tempesta. Cio’ che non comprendevo, molte risposte che non mi sapevano dare le persone intorno a me, spesso le trovavo nei libri. Una loro promessa che mi faceva andare avanti era: il tempo sarebbe passato. L’insonnia si sarebbe risolta. La mia domanda era “Fra quanto tempo? io resisterò?”. Poi c’era un’altra cosa che mi stava a cuore: “Dicono che i bambini capiscono tutto. Anche senza parole. Giovanni cosa starà vivendo di tutto questo? Cosa starà capendo di questi immensi sorrisi che gli rivolgo immersi tra le lacrime?”.

Anna_X

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