Le analisi del sangue erano perfette. Così nessuno voleva capire di più.
Ho deciso che avrei accettato.
Tutto. Finchè avrei retto.
Intanto avrei imparato a fingere che tutto andava bene. Avrei negato il mio dolore anche a me stessa.
Finchè riuscivo a tornare a casa.
Fino a quando è arrivato un segno.
Un mattino Giovanni ed io ci eravamo svegliati da poco.
Lui gironzolava per la stanza. Io ero persa nel frastuono dei miei tristi pensieri.
Accovacciata sul materasso di gommapiuma da 5 cm steso a terra che da quasi un anno era il nostro letto, fissavo il soffitto sperando che le ore potessero trascorrere in fretta.
Piangevo in silenzio.
Ma quando Giovanni mi guardava gli sorridevo con gioia vera.
Davanti al miracolo della vita che avevo avuto l’onore di mettere a questo mondo, non potevo fare altro.
Che sentirmi benedetta e riuscire ancora a far uscire l’unico spiraglio d’ amore che superava la vergogna di essere me stessa.
Giovanni mi si è avvicinato, si è arrampicato sulla mia pancia,
stringendosi ai miei lunghi respiri.
Le sue mani minuscole all’altezza del mio cuore.
Guardandomi negli occhi, ha donato al nostro destino le parole che mi hanno salvato la vita: “mamma, io ti ho vista dal cielo e ti ho scelta per venire da te”.
Basita dall’incredibile forza di quel che avevo appena sentito, la sua voce, per qualche istante, ha zittito tutto intorno a me. Quel bambino così piccolo, mi stava dicendo, con una consapevolezza che sembrava inaudita per una creatura della sua età, che nonostante tutto ero ancora qualcuno. Che non so quando, avevo meritato il suo amore.
Aveva scelto proprio me. Ho accolto. E ho deciso. Che il mio amore era stato ferito ma non ucciso. Ho lasciato che questa immensa dichiarazione d’amore abbracciasse il mio cuore, raggiungesse la mia anima.
Senza pensare, ho permesso che mi rianimasse. In un modo così profondo non mi era mai successo prima.
Di sentire. Di ricevere.
L’angelo che stringevo tra le braccia mi stava spiegando il motivo per cui ero arrivata in questa vita.
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