Ho traslocato da sola le cose che ho portato con me.
Quelle che amavo di più le ho lasciate a mio marito affinchè Giovanni le trovasse intorno a sè quando fosse stato da lui.
Non era l’abitazione che mi aveva messo a disposizione Giorgia. Ho cercato un posto qualche chilometro più in là.
Fosse stato per me avrei scelto un paese in capo al mondo ma Giovanni aveva il diritto di vedere papà e nonni.
In un silenzio pieno di dolore me ne sono andata a crollare tra le stanze vuote di una casa sconosciuta.
Non ricordo che aria respirasse il mondo, quel giorno. Era come se non mi arrivasse più ai polmoni tanto la paura mi soffocava. Una sera di fine agosto ho chiuso per sempre la porta della casa che chiamavo mia. Della famiglia che avevo costruito in un palpitare di fresco entusiasmo e di fiducia incondizionata.
Un materasso singolo su una rete matrimoniale in prestito. I pochi oggetti personali sparsi per terra. Brandelli di vita mescolati alla polvere accumulata nei mesi in cui la casa era rimasta senza inquilini.
Nessuno mi aveva chiesto dove sarebbe stata quella casa. Nessuno mi aveva accompagnata. Tantomeno fermata. Il peso di quella decisione era insopportabile per me che ero già in ginocchio.
Ma di più il fatto che non sarei mancata a nessuno.
La strada per rinascere passa da una morte che nessuno vede e sente. Tranne chi ne è sepolto vivo.
E affronta il terrore di dover contare solo sè stesso per potercela fare.
Da sola contavo di capire cosa stesse realmente succedendo. Adesso che l’unica cosa che riempiva quella casa era il mio strazio.
Non avevo un lavoro o la forza di trovarlo, nè la certezza di potermi permettere l’affitto. Solo pochi risparmi su cui contare.
Ma a spaventarmi più di tutto era ancora il vortice dei pensieri che mi assillavano. I 4 anni dai quali non dormivo. Il disorientamento.
Mi guardavo i piedi sfuocati dalle lacrime e mi supplicavo “resisti ti prego”.
Volevo tornare a vivere ma prima dovevo riuscire a non morire.
Ero lì per fare questo.
Guardare il mio bagaglio vuoto e vederci uno spazio da riempire anziché il fatto di non avere più niente su cui contare.
Da riempire con me e Giovanni.
Anna_X
Share :
2021 Anna_X © Privacy Policy
Ho un sogno: parlare di felicità ai bambini e sono a un passo dal realizzarlo. Ti ho scelto per sostenermi: con il tuo aiuto pubblicheremo la mia fiaba e costruirò un progetto di volontariato dedicato ai più piccoli.